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Lieve autoipnosi durante la performance atletica di alto livello

Questo articolo si riferisce ad un caso concreto, da me praticato sul training di un atleta di alto livello dello sprint maschile.
La preparazione fisica e i parametri fisiologici di Amber ci dicono che è pronto per ottenere risultati cronometrici attesi tra i 10,20s e 10,05 nei 100m piani e sui 200, risultati tra 20,35s e 20,20s. Si tratta di corrispondenze assai affidabili ottenute dal confronto con i risultati attesi e test parametrici computerizzati durante gli esercizi di forza e di consumo di ossigeno nell'unità di tempo.
Ogni atleta ha un suo  percorso di apprendimento e di risposta al training, che comunque conduce a un costante miglioramento delle risposte fisiologiche e quindi delle prestazioni.
Purtroppo, Amber non riusciva a raggiungere questi risultati, situandosi assai sopra ai tempi previsti e attesi, in media 10,40 sui  100m e 20,55 sui 200m, tempi che lo collocano attorno alla 60esima posizione nelle liste mondiali e lo mettono fuori dalla classe A delle prestazioni utili per le competizioni più importanti.
Faccio una analisi delle situazioni critiche e al termine, dopo una nottata di continue riflessioni, mi convinco che Amber è un atleta bloccato, cioè psicologicamente frenato da qualche meccanismo mentale che non lo  fa distendere come dovrebbe durante la performance.
Dal momento che si tratta di un soggetto giovane, di 23 anni, quindi con margini di progressione ancora alti, integro fisicamente, in piena forma e salute, deciso di sottoporlo a una serie di sedute di induzione ipnotica, ovvero di una serie di colloqui in cui, senza che lui  sappia niente, assumo un tono di voce e propongo una serie di immagini e idee cui non può pienamente discernere con la mente razionale. 
Inizio facendolo pensare al momento in cui ha terminato il riscaldamento pre gara, e si prepara a entrare con i suoi compagni  di ventura nella stanza dove si mettono i numeri di gara sul petto e sui calzoncini, al momento in cui  entra nel tunnel che immette nella pista.
Gli dico, pensa a come ti senti bene, sapendo che hai fatto tutto bene, che sei pronto, felice, rilassato, mentre percorri il tunnel assieme ai tuoi compagni di gara, carico di energia, pronto a tirare fuori con naturalezza tutta la forza accumulata durante ore ed ore di estenuanti esercizi e ripetute.
Ti senti calmo, sicuro, sereno e rilassato, ogni muscolo è perfettamente teso e rilassato, pronto a contrarsi al momento della gara.
Adesso ti do un piccolo trucco da eseguire subito dopo il riscaldamento, e che farai fino alla presa dei blocchi.
Inizia a battere le palpebre rapidamente, 4,5 volte e poi chiudi gli occhi e ruotali velocemente in tutte le direzioni per 4-5 secondi. Apri gli occhi, batti di nuovo le palpebre velocemente e a questo punto congiungi indice e pollice della mano destra, a formare un piccolo cerchio, senza forzare, solo fai toccare le due dita in punta. A questo punto, sai che sei pronto, che la calma e la concentrazione, il rilassamento e la forza sono pronti per essere scaricati nella gara.
Una volta sui blocchi, disgiungi le due dita, e questo è il segnale che sei pronto alla performance. Apri gli occhi lentamente e mantienili fissi sulla linea di arrivo, attendi lo sparo e parti.
Insomma, c'è voluto almeno un paio di mesi, ma a fine stagione, proprio nelle ultime gare all'aperto in Europa, ricordo quel tardo pomeriggio di Settembre, in una giornata assai fresca, forse anche troppo, finalmente arriva uno splendido 100m corso in 10,18, con vento di 1,2mps. Era fatta! Vero che in quella gara fu solo quarto ma davanti a sè aveva fior di campioni e inoltre era stato invitato solo perché la media dei suoi risultati era comunque assai buona, attorno ai 10,35.
Per un velocista bianco, competere con molti inglesi e olandesi, nati in Africa e con doppio passaporto, si trattava comunque di uno dei pochi atleti realmente europei bianchi a poter competere in campo maschile con i fenomeni africani e americani e soprattutto i caraibici.
La stagione successiva inizia in sordina, c'è una mole di lavoro da smaltire per riacquistare elasticità e velocità sufficiente, quindi lavoro con lui per non farlo demoralizzare. 
I tempi arriveranno, vedrai e presto.
In un meeting del circuito Challenge, a fine Giugno, imbrocca una buona partenza, riesce a rialzarsi dopo i 25 metri, prende velocità e chiude al terzo posto con 10,19. Dieci giorni dopo scende a 10,14 e termina la stagione con un record personale di 10,11, che lo proietta nelle vette dei migliori trenta atleti al mondo.
L'anno successivo riesce a fare due gare della Diamond, con buoni tempi e la sua caratura si stabilizza tra i migliori atleti, certamente tra quello sparuto gruppetto di bianchi che raggiungono la vetta dei migliori nella velocità pura.
Insomma, si tratta di un caso di un ottimo atleta, le cui caratteristiche non si esprimevano a causa di un freno psicologico non riconosciuto; eliminato il freno, le cose si sono messe al meglio.
Attualmente corre ancora su tempi di 10,20 e 20,25, si tratta di tempi che non consentono di entrare in una finale mondiale o olimpica ma che danno comunque buone posizioni in molti meetings internazionali.

Un altro caso l'ho dovuto affrontare con una ragazzina keniota, piccola, minuta, peso inferiore a 50kg, ma con una resistenza e una forza tremenda, capace di far mangiare polvere a tante atlete grandi e grosse, nei 3000 e 5000m.
Eppure, durante le gare non riusciva che raramente a fare quei tempi che gli allenamenti ci indicavano come alla portata.
Di nuovo, un esame di tutto quello che conoscevo di lei mi dice che ha subito alcuni anni prima un trauma derivante dalla perdita di una sorella.
Decido di metterci seduti ben comodi in due poltroncine, sul davanzale della pista di atletica di allenamento e inizio a farle pensare a quei ricordi che lei cerca di scansare, ma prima le dico che devi battere le palpebre nel solito modo, ruotare gli occhi chiusi, velocemente, battere le palpebre di nuovo ad occhi aperti e a questo punto pensa a quel ricordo e alla sofferenza per la morte della sorellina, pensa che lei è ora in pace, che anche te sei in pace, calma e consolata, pronta a volerle bene ma anche a fare la tua vita nel modo migliore.
Ci sono volute molti incontri, molte induzioni con dialogo, senza mai farle sapere che stavo inducendola in una lieve trance.
Non è bastato un anno per superare il suo impasse ma la stagione successiva, Winnie ha iniziato a correre con maggiore continuità, i suoi 3000 siepi sono  sempre con tempi migliori, fino a raggiungere dopo due anni dalle nostre chiacchierate, un primato personale che la colloca tra le prime venti al mondo.
La ragazzina era molto attaccata al fratello, anche lui atleta delle campestri e a me, al punto che  non sapevo come riuscire a farla staccare da me nel modo giusto. 
In conclusione, dal momento che lei vinceva e portava a casa buoni premi, ho dovuto seguirla per il mondo per tre anni di fila, dormendo con lei ai piedi del letto, e mangiando con lei, facendole da padre e quasi da fidanzato.
Appena finiva la gara subito cercava di scorgere me e il fratello tra il pubblico, per venirci ad abbracciare, era il  suo modo per trovare quel conforto e calore che le era purtroppo mancato da bambina.
Io le dicevo di andare a farsi un giro d'onore quando vinceva, perché deve imparare a prendersi gli applausi del pubblico, a dare loro il cinque e così ha iniziato a diventare una piccola reginetta del mezzofondo.
Intendiamoci, qui non si tratta di grandi allenamenti, perché questi atleti africani derivano da una selezione di geni che permette loro prestazioni che altri non possono raggiungere nemmeno con allenamenti estenuanti. La prima volta che ho visto correre Winnie sembrava una specie di gazzella, con la coda che si alzava e abbassava sulle spalle ad ogni passo, una falcata enorme, in relazione alla sua piccola statura e al peso veramente esile e nato per correre lunghe distanze a ritmi incredibili.
Praticamente l'ho messa ad allenarsi su pista con i coetanei maschi, che spesso avevano difficoltà a starle dietro, tanto per dire che non si fatica a capire che si ha a che fare con un fenomeno.
Il caso del velocista invece è tutto differente:  qui abbiamo costruito un campione, partendo da buone caratteristiche ma che senza una serie di training specifici non sarebbe mai riuscito a fare certi risultati.
Se guardate le gare di velocità pura della Diamond, non vedrete altro che neri e un cinese o un giapponese, poi ci sono uno o due atleti della città ospitante che per un regolamento ignobile, vengono fatti correre con fior di campioni, rendendo tempi da barzelletta.
Mi mangio le mani sapendo che uno o due posti della velocità sono riservati a certe schiappe locali, non permettendo ad atleti di buon rango di potersi esprimere al meglio, sotto condizioni di alto livello competitivo, utili per portare al massimo il rendimento di gara.
Purtroppo è anche vero che nella velocità, se non corri in media in 10,20 e 20,30, praticamente sei in un gruppone di una quarantina di atleti più o meno come te, i quali si devono accontentare di meeting poco importanti e remunerativi, e sperare di essere invitati dagli organizzatori, nei meeting del circuito Challenge, comunque di buon livello, spesso con due tipi di gare di velocità, la serie A e la B, e a volte, con due batterie per la qualificazione dei finalisti che corrono dopo poco, a volte nemmeno dopo un'ora.
Insomma, la storia degli inviti, le varie Green cards, Red cards, Challenger cards ecc, rendono poco trasparente il perché alcuni atleti con tempi simili fanno un meeting e altri no.
IO con il mio velocista sono spesso andato dagli organizzatori offrendo una partecipazione a costo zero, confidando in un buon risultato cronometrico, da mettere a frutto nei meeting successivi e per incrementare il ranking mondiale.
Partecipare a una serie B e fare un tempo tra 10,20 e 10,18, è comunque un ottimo risultato per un atleta come il mio. In fin dei conti, un atleta bianco, totalmente europeo, che corre con tempi simili, senza diciamo sostanze tipo PES, è una caratteristica che rende interessante di per sé per il pubblico vederlo in una gara importante, anche se con quei tempi arriva al massimo settimo o ultimo, perdendo da gente che corre di norma in tempi di due decimi inferiori.
La gara per noi è solo a fare un tempo buono, cioè vicino al 10,20 o sotto, con vento nullo o leggero.
Quando ci riusciamo, di solito quasi sempre, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, se poi arriva un 10,15, tanto meglio ma per noi le cose non cambiano molto.

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