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Peter Tompkins, nascita del fascismo da massoni e ebrei.

Peter Tompkins storico del fascismo, poté visionare una copia microfilmata dell'archivio segreto di
Mussolini, esistente nel National Archives di Washington, oltre ad altri documenti segreti. L'esame di tale documentazione lo portò a sostenere alcune tesi originali, ma non del tutto prive di fondamento storico, che rappresentò nel volume “Dalle carte segrete del Duce”, (2001). In particolare:

Tompkins sottolinea il sostegno fondamentale fornito dalla massoneria, ed in particolare dalla comunione massonica di Piazza del Gesù alla presa del potere da parte di Mussolini. Lo scrittore statunitense rileva infatti che la sala convegni di Piazza San Sepolcro a Milano, ove il 23 marzo 1919 furono fondati i Fasci di Combattimento, era stata messa a disposizione di Mussolini dal massone ebreo Cesare Goldmann[16]; inoltre il quotidiano Il Popolo d'Italia fu aperto grazie ai finanziamenti acquisiti dal faccendiere massone Filippo Naldi[17]. Tutti e quattro i “quadrumviri” della Marcia su Roma (Italo Balbo, Michele Bianchi, Cesare Maria De Vecchi e Emilio De Bono) appartenevano alla comunione massonica di Piazza del Gesù[18]; alla stessa comunione appartenevano anche altri importanti gerarchi quali Roberto Farinacci, Cesare Rossi, Giacomo Acerbo e Giovanni Marinelli[19]. Tompkins ha appurato anche che 72 ore prima della Marcia su Roma, alla Stazione Termini, Mussolini si incontrò con Raoul Palermi, gran maestro della massoneria di Piazza del Gesù, il quale si sarebbe messo a piena disposizione del futuro capo del Governo[20], impegnandosi ad influire sullo stesso Vittorio Emanuele III, che Tompkins definisce “massone segreto della loggia di Piazza del Gesù”[21].
Tompkins aderisce alla tesi secondo cui Giacomo Matteotti sarebbe stato assassinato, oltre che per l'incisiva denuncia delle irregolarità e delle violenze compiute dai fascisti nelle elezioni politiche del 1924, anche perché in possesso di documenti attestanti le tangenti versate dalla compagnia petrolifera Sinclair Oil Company ai ministri Gabriello Carnazza e Orso Maria Corbino, entrambi massoni di Piazza del Gesù e allo stesso Benito Mussolini[22]. L'omicidio fu eseguito da una banda segreta (“Ceka”), appositamente creata da Mussolini stesso per “punire” gli oppositori al fascismo ed alle sue dirette dipendenze; la missione fu affidata ad Amerigo Dumini e ad altri “fedelissimi”, tramite il capo della Polizia Emilio De Bono[23]. Dumini in seguito redasse un memoriale dei fatti in più copie e mise sotto ricatto Mussolini il quale, almeno sino al 1942, gli avrebbe versato somme per alcuni milioni di lire[24]. Il delitto avrebbe avuto il tacito appoggio di Vittorio Emanuele III, anch'esso coinvolto nel caso della Sinclair, in quanto azionista[25]; per tale motivo il re si sarebbe rifiutato di sostituire il Capo del Governo, nonostante le prove fornitegli da Ivanoe Bonomi del diretto coinvolgimento di Mussolini nel delitto[26].
Anche per quanto riguarda gli eventi del 25 luglio 1943, relativi alla messa in minoranza di Mussolini nel Gran Consiglio del fascismo e il suo successivo arresto, il vincolo massonico che legava ancora dodici dei diciannove consiglieri contrari a Mussolini[27] – secondo Tompkins – sarebbe stato determinante: non a caso la vicenda si concluse con il conferimento dell'incarico di Capo del governo al “massone non dichiarato” Pietro Badoglio[21], da parte del “massone segreto” Vittorio Emanuele III.
Per quanto riguarda l'uccisione di Mussolini, Tompkins attesta almeno due contatti avvenuti al confine svizzero tra il duce ed emissari britannici, intorno al 1944-45[28]; né dubita dell'esistenza di un Carteggio Churchill-Mussolini che il capo del fascismo avrebbe avuto con sé al momento della sua cattura, il 27 aprile 1945[29]. Alla luce di ciò Tompkins ritiene certo che un Mussolini vivo (e una Petacci viva, essendo quest'ultima al corrente di tutto) ed il carteggio in mani non britanniche, sarebbe stato, per il Primo Ministro inglese, un pericolo da evitare assolutamente. Di conseguenza Tompkins sposa la tesi della cosiddetta “Pista inglese” sulla morte di Mussolini e di Claretta Petacci, e cioè la loro esecuzione da parte di un “commando” guidato da un agente segreto britannico. La "versione ufficiale" della fucilazione dei due effettuata dai partigiani – secondo Tompkins - sarebbe stata architettata dall'esponente comunista Luigi Longo, giunto sul posto subito dopo la duplice uccisione, il quale avrebbe anche legato al segreto per cinquant'anni tutti i presenti sul luogo[30]. Nell'immediato dopoguerra, Churchill e i servizi segreti britannici si sarebbero dati da fare per recuperare tutte le copie del carteggio.

Ecco il Corriere della Sera, in via di rapido declino finanziario e di lettori, che al solito, come nel caso del commento sulla vicenda del famoso yacht cui parteciparono tutti i grossi calibri pèer la svendita dell'Italia, 1992, anno cruciale, si permette di criticare Tompkins, naturalmente dopo che nessuno dei geniacci del Corrierone, hanno mai scritto nulla di simile.


vENTENNIO UN DISINVOLTO STUDIO DELL' AGENTE PETER TOMPKINS CHE PROMETTE RIVELAZIONI MA CONTIENE INESATTEZZE

Il fascismo romanzato sulle «carte segrete» che tutti conoscono

VENTENNIO Un disinvolto studio dell' agente Peter Tompkins che promette rivelazioni ma contiene inesattezze Il fascismo romanzato sulle «carte segrete» che tutti conoscono Peter Tompkins fu agente in Italia dell' OSS, il servizio segreto americano, durante la seconda guerra mondiale. Autore di volumi su quelle vicende, dà ora alle stampe un libro per più versi sconcertante (Dalle carte segrete del Duce, Marco Tropea Editore). Presentato come una storia del fascismo, il volume tratta in realtà, per una gran parte, degli avvenimenti legati all' assassinio Matteotti. Soprattutto, però, contiene affermazioni alquanto bizzarre: leggiamo che gli squadristi avevano «i lunghi capelli al vento», che la disastrosa (per l' antifascismo) iniziativa dello «sciopero legalitario» dell' estate ' 22 fu il frutto «di un' abile provocazione di agenti fascisti infiltratisi negli alti livelli» del movimento operaio, che alcuni grandi industriali diedero a Mussolini «due milioni di lire per la marcia su Roma». Fossimo di fronte a una storia romanzata, forse non ci sarebbe troppo da obiettare a queste o ad altre analoghe affermazioni presenti nel libro, nonché al fatto che esso è del tutto privo di note. Abbiamo invece a che fare con un volume che l' editore presenta con enfasi come il frutto, niente meno, degli «archivi segreti di Mussolini» rintracciati dall' autore a Washington. Senonché questi archivi segreti non esistono: o meglio, sono conosciutissimi. Si tratta infatti di quella parte degli archivi fascisti che gli americani microfilmarono durante l' occupazione alleata. L' insieme di tali archivi si conserva da decenni a Roma presso l' Archivio centrale dello Stato e ha costituito, dagli anni Sessanta in poi, la base documentaria per centinaia di studi sul regime fascista. Presentarli come «segreti», per giunta in un libro che contiene molte affermazioni inesatte, appare purtroppo come il frutto di una certa disinvoltura editoriale e di scarsa considerazione per i lettori. Giovanni Belardelli
Belardelli Giovanni
Pagina 39
(27 settembre 2001) - Corriere della Sera

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