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Massimo Giuseppe Bossetti non dovrebbe stare in galera, almeno in un paese civile.

Si, è proprio così: in un posto civile, una persona come Bossetti, indiziato di aver preso parte alla
morte di Yara Gambirasio, non dovrebbe stare in carcere.
Intanto osserviamo che durante il periodo della sua detenzione, la procura ha lasciato circolare delle notizie che riguardano la vita personale sua e della sua famiglia. In particolare si dice, con il condizionale, ma tanto nessuno ha smentito, meno che mai chi fa le indagini, che non solo il Bossetti non era un uomo tutto lavoro, casa e chiesa, ma anche la moglie avrebbe (avrebbe) avuto una relazione extra coniugale.
E' chiaro che questo rientra nella strategia della Procura di screditare l'immagine del Bossetti e a questo punto anche del coniuge, a meno di smentite dell'ultima ora.
Ma il punto fondamentale è che dal momento del suo arresto, Bossetti è minato dal giudizio sociale, è in galera perché il giudice così ha voluto, quindi qualcosa dovrà pur aver commesso, no? Questa è la pensata del volgo, nel classico stile del più basso e trito mercantilismo.
Inoltre, come carcerato, in attesa di giudizio, Bossetti non può contribuire su di un piano di parità, a compiere gli atti e i passi che qualsiasi cittadino imputato può compiere per contribuire alla sua assoluzione. Per lui lo possono fare solo gli avvocati, che devono lottare giorno per giorno contro ispezioni all'abitazione di Bossetti, sequestri delle auto e di oggetti, interrogatori e richieste di perizie, sempre da una posizione di sottomissione, quale la carcerazione preventiva implica fatalmente.
Si faccia il processo e lo si condanni, a quel punto si dovrà attendere il giudizio definitivo della cassazione, il terzo grado, per avere la parola fine.
Invece, si preferisce farlo andare a processo in manette, rischiando magari un tentativo di suicidio in carcere, che poi sarebbe attribuito al senso di colpa del carcerato. 
Se dobbiamo attendere almeno 5 anni per il giudizio definitivo, a cosa serve tenere in galera un indiziato come Bossetti. Bella domanda, e naturalmente noi conosciamo la risposta.

E non abbiamo motivo di pensare che il dna del bossetti non sia realmente quello ritrovato sugli indumenti di Yara, perché sappiamo dalla casistica che la denaturazione del Dna è molto improbabile, quanto piuttosto per il fatto che il dna del Bossetti è stato reperito da un francobollo del presunto padre, con un processo di amplificazione genica, che si presta ad artefazione.
Ma la prova del dna lo ripetiamo è solo indiziaria a meno di reperire chiari elementi di contesto.
ELEMENTI DI CONTESTO SONO GLI ELEMENTI CHE CI PROVANO OLTRE OGNI DUBBIO CHE LA PERSONA DEL DNA ERA PRESENTE ANCHE SULLA SCENA DEL CRIMINE (CHE DEVE ESSERE BEN IDENTIFICATA), E INOLTRE CHE è STATA LA PERSONA CHE HA COMPIUTO IL CRIMINE.
Per questo, ripeto, il Bossetti non deve, al momento, stare in carcere.
Continuo (e continuiamo) a pensare che chi esercita giudizi tanto rilevanti sulle persone, si debba sottoporre a una revisione diciamo ogni due anni, delle proprie facoltà cognitive e della personalità. Si proprio una revisione al pari di quella delle auto, per accertare il buon funzionamento mentale e l'assenza di stigmate personologiche accentuate, nonché di presenza o assenza di situazioni ambientali sia private che lavorative di rilievo per il funzionamento psichico.
E a fare questa revisione dovrebbe essere un team composto da due psichiatri e uno psicologo, di provate esperienze.
Forse non sarà sufficiente a fornire garanzie assolute ma una maggiore confidenza la darebbe.

Ecco come spiega lo psichiatra dei salotti televisivi, Paolo Crepet, il silenzio da sfinge di Bossetti in carcere, il suo non confessare:
«Chi sa di avere compiuto qualcosa – spiega lo psichiatra Paolo Crepet – solitamente resiste di più. Ma anche chi è innocente può avere un atteggiamento di forza». E allora come prima cosa proviamo a entrare nella testa e nelle emozioni di Bossetti, qualora fosse colpevole. «Un uomo che sa di aver commesso un crimine tiene duro, guarda avanti e nel frattempo, magari, maledice la sfortuna per essere stato preso. Ma non confessa. Perché con il passare del tempo si genera un distacco emotivo. Un conto è se ti prendono dopo un giorno, quando c’è un’aura di emozione che può tradirti, un contro dopo quattro anni. Tradotto, più trascorrono i mesi, più uno si sente neutro. E più è improbabile che decida di aprire la bocca».
E nella testa e nelle emozioni di Bossetti, qualora fosse innocente, cosa si potrebbe trovare? «Dobbiamo partire dal presupposto che non siamo tutti uguali – dice Crepet – e nella medesima situazione qualcuno potrebbe sbattere la testa contro la parete, altri restare glaciali perché sono convinti che la verità verrà fuori. È una situazione più rara, questa, ma non impossibile, anche perché chi è accusato di reati di questo genere non sempre ha fretta di uscire: finché non vieni assolto, in carcere ti senti protetto. La forza di andare avanti senza crollare, inoltre, può dartela una figura femminile: se la donna che ami non ti abbandona, ti senti protetto.
Discorsi direi quasi da bar, anche perché sappiamo che chi è innocente, tende ad assumere atteggiamenti esattamente simili a quelli del Bossetti; la chiusura dei sentimenti in un silenzio protettivo, nella speranza che le cose cambino in senso favorevole. Insomma, se uno è colpevole o innocente, finisce per assumere stessi comportamenti di silenzio e distacco (meccanismi di difesa), ma con alcune differenze, che solo pochi sanno leggere e che non valgono legalmente.



12 settembre 2014
 Il pomeriggio del 26 novembre 2010, quando Yara Gambirasio venne rapita intorno alle 18,45, Massimo Giuseppe Bossetti non era andato in cantiere a lavorare.
E’ la conclusione a cui sono arrivati i carabinieri, incrociando i tracciati lasciati dal cellulare e le testimonianze dei colleghi.
Ecco cosa scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:
I controlli effettuati subito dopo la sparizione della ragazzina consentono di affermare che le sue tracce si perdono alle 18,49 quando riceve un sms da una sua amica al quale non risponde. In quel momento il suo cellulare aggancia la stessa cella agganciata dal telefonino di Bossetti circa un’ora prima, esattamente alle 17,45. Le verifiche stabiliscono che l’uomo parlava con il cognato, lui aggiunge che l’ha fatto mentre stava tornando a casa.
Ma questa volta a smentire la sua versione sono i filmati registrati da più postazioni. La relazione dei carabinieri del Racis guidati dal generale Pasquale Angelosanto è di fatto terminata. E fornisce elementi precisi sul tragitto di quel furgone, individuato grazie a un particolare accessorio: un catarifrangente non di serie che Bossetti aveva montato sul retro del mezzo.
Il primo passaggio viene «registrato» dalla telecamera piazzata su una banca. Alle 18,01 lo inquadra poi quella che si trova sul pilone del distributore di benzina a pochi metri dalla palestra. Ma non è finita: mezz’ora dopo è ancora lì, ripreso dalla telecamera di una società privata che ha la sede di fronte al centro sportivo.

AGGIORNAMENTO

Chiara Sarra - Lun, 26/01/2015 - 21:16

Potrebbe subire un clamoroso ribaltone il caso di Yara Gambirasio: sul corpo della 13enne non ci sarebbe traccia del Dna mitocondriale di Massimo Giuseppe Bossetti, unico indagato per l'omicidio della ginnasta di Brembate di Sopra. A dirlo stavolta è addirittura il consulente della procura nella sua relazione citata dall'Adnkronos. Se la notizia venisse confermata, salterebbe quindi la "prova regina" contro il muratore, quella che lo ha portato in carcere dal 16 giugno scorso perché identificato come "Ignoto 1" e assassino di Yara, scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata in un campo di Chignolo d’Isola tre mesi dopo. In particolare, nella relazione di Carlo Previderè )ricercatore responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia e chiamato dal pm di Bergamo Letizia Ruggeri ad analizzare la presenza di peli e capelli sul corpo della vittima) si mostra l’analisi del Dna mitocondriale e da una semplice tabella si evince come il Dna mitocondriale di Bossetti, estratto dal campione 31G20 della relazione del Ris, non coincide con quello di "Ignoto 1" (la traccia trovata sugli slip della ragazzina.


Ho già detto del fatto che a tutti è stato fatto il prelievo meno che al Bossetti, il cui Dna è stato ricavato dalla leccata di un francobollo del presunto padre, un trenta anni fa, su una vecchia cartolina.
Ho già detto che il Dna mitocondriale, per quanto in grado di fornire una serie notevole di informazioni specie sulla linea parentale, è un Dna comunque parziale e limitato, che non consente una completa analisi di appaiamento a quello di un eventuale Dna estratto da sperma e altri tessuti.
Quindi, ripeto, che ho la netta impressionne che si voglia a tutti i costi far vedere che siamo nel giusto a tutti i costi, che si cercano e si trovano ancora altri testimoni, a tre anni dal fatto e che il Dna è una prova inconfutabile. Invece, e lo sappiamo bene, il Dna è solo una prova circostanziale, ma può essere una prova solo a discarica, nel senso ad escludere la colpa di qualcuno. In altre parole, se una persona è in carcere e si trova che sul corpo della vittima non esiste il suo Dna ma quello di un terzo personaggio, si può concludere che il nostro colpevole è stato vittima di un errore giudiziario (uno dei tanti).

La procura ha xompiuto indagini in modo del tutto non vantaggioso: vediamo come si poteva più proficuamente procedere.

Intanto, il camopionamento del Dna avrebbe dovuto estrarre il Bossetti direttamente e non tramite ricerca denominata ''inversa'', e con uso del Dna mitocondriale, che sappiamo essere solo utile per stabilire certezze assolute sulle relazioni di parentela ma non altro e inoltre non consente una analisi approfondita, tipicamente su 18 o 21 loci, cioè su una determinata sequenza di basi della catena del Dna, sapendo che tra indivisui qualsiasi questa sequenza implica differenze ogni 140.

Secondo e più importante punto, il pedinamento e l'intercettazione continua e sistematica dell'attività del presunto o della presunta autore del crimine. Sappiamo che un soggetto che si spinge ad uccidere per impulso sessuale irrefrenabile una minorenne, lo fa seguendo una forza che non è generalmente in grado di controllare oltre un certo limite e proprio su questo punto si sarebbe dovuto far leva.
In altre paroole, se son rose fioriranno, a dire che le attività successive del presunto offender avrebbero potuto con buona probabilità fornirci indicazioni (noi parliamo di indicazioni, non certo di indizi o prove, trermini propri di altre professioni) assai pregnanti.

Tenere in carcere il Bossetti, mentre continuano a uscire continue indiscrezioni su ulteriori dati acquisiti dalla procura, del tipo delle ricerche effettuate (da chi?) sul pc della famiglia Bossetti, su nuove testimonianze, ad esempio la famosa signora che avrebbe visto, anzi si dice aver asserito essere certa di aver notato e riconosciuto il Bossetti nel parcheggio e la ragazzina con il vistoso apparecchio dentale. Questo tipo di testimonianze sono per noi, specialisti per la validazione o falsificazione (che è la stessa cosa) di testimonianze oculari, sono proprio quelle tipicamente sospette anche se gli stress tests sono positivamente superati, di essere altamente inficiate da annacquamenti tipici di processi mentali a noi ben noti (dejà vu, stati onirici passati al livello di coscienza, rivisitazione succesiva (biass cognitivi ed affettivi), di notizie e dati sull'evento, con formazione di un falso ricordo, in cui la distorsione è tipicamente rappportabile a caratteristiche del funzionamento personologico e mnemonico del testimone e sappiamo anche di precise differenze (BIASSES) tra maschi e femmine.
Proprio il fatto di essere in presenza ad un testimone tardivo e di sesso femminile, ci fa drizzare le orecchie e ci fa andare indietro a un migliaio di casi simili e anche analoghi, poi risultati totalmente insipienti, non realistici, inverosimili, o per dirla con poche parole, del tutto fuorvianti e fuorviati, nettamente contrastanti con il dato di realtà poi successivamente acclarato.
Conosciamo e possiamo riferire di centinaia di casi della letteratura statunitense, in cui le testimoni, tutte pronte a scommettere la testa (delgi altri, chiaramente), sono state clamorosamente smentite da dati incontrovertibili o dalola scoperta del vero o vera autrice del misfatto, diversa dall'accusata, che ponendosi al centro dell'attenzione dei media, finisce per essere oggetto di inevitabili effetti psicologici ben noti e con differenti denominazioni (Effetto Hawtorne e altri). Senza poi dire che l'unico vero esame che mi e ci può convincere abbastanza della genuinità di una testimonianza oculare è una attenta e scrupolosa analisi clinica e personologica della testimone, che deve risultare esente da disturbi del reality test, esente da disturbi cognitivi e segnatamente di memoria, esente da distorsioni cognitive e patologie neurologiche interferenti. Tutte situazioni presenti in almeno un buon 35 soggetti su 100, in un campione casuale, che sale al 55 su 100 nel caso di soggetti spinti da forze interne o esterne a testimoniare di fatti visivi cui hanno presuntivamente riconosciuto qualche personaggio ampiamente noto alle cronache.
Non basta: devo anche sapere se il soggetto in questione è scevro da assunzione di sostanze lecite o illecite che comunque interferiscono sulla sfera cognitivo e sulla memoria. Un esempio: una banale compressina di Tavor, assunta prima di andare a letto, può determianre, specie in soggetti predisposti, un tipico disorientamento della cognitività che si può manifestare con difficoltà a recuperare e mantenere ricordi a breve termine, e una particolare e ben nota disorganizzazione spaziale e temporale (senso di derealizzazione e anche di depersonalizzazione), nonché difficoltà di tipo spaziale, ad esempio non riuscire a ritrovare con facilità la propria auto parcheggiata vicino casa (disorganizzazione spaziale) o temporale, quando si crede di essere ad una certa ora del giorno mentre siamo ben distanti.

E' chiaro che non ci vuole molto a smontare un testimone, a prescindere da quanto il pubblico ministero abbia messo a verbale e abbia raccolto con i suoi consulenti psichiatrici e psicologici. Ho sempre detto ai miei clienti, che aspettiamo di incontrare il o la nostra testimone in aula di giustizia, dove dovrà ribattere di fronte ai giurati, ai difensori dell'accusato e ai loro consulenti, quanto dichiarato e cristallizzato nell'incidente probatorio.
Questo termine, cristallizzato, si riferisce solo al fatto che un testimone ha dato una versione definitiva e autografa, ma non significa nulla di più: a dire che poi la parola passa al processo, con i suoi atti, contro atti, consulenti e contro consulenti, giudice e giurati del popolo.
Nessuno può cristallizzare nulla: può solo fornire una versione dei fatti con una firma e nulla di più: diversamente basta trovare qualcuno che scrive un verbale e lo firma, per mandare sulla sedia elettrica un accusato. Lasciamolo difendersi fino in fondo e in questo caso, se avrà i denari per permetterselo, potrà contare su un collegio (team) di avvocati e consulenti in grado di competere con quelli pagati dallo stato, utilizzati dalla pubblica accusa.
Chiaro che se uno non ha i soldi, dovrà accontentarsi dell'avvocato del vicolo sotto il quartiere e di qualche consulente medico mandato svogliatamente, tra qualche sbadiglio e noia, dalla Usl, sempre che si trovi qualcuno che assumo tale incarico, per quei pochi soldi pagati in questi casi. Io non ci andrei, né ci sono mai andato a meno di essere pagato profumatamente, anche più degli stessi avvocati, per dirla tutta ( e per questo in Ameirca si lavora e bene, mentre da noi si potrebbe fare la fame o quasi). Non discuto su quanto un avvocato americano sia pagato per tentare di far mandare assolto o colpevole qualcuno, ma è certo che egli sa bene che per riuscire nell'intento a volte capita di dover ricorrere all'autorità e conoscenze di altri specialisti e sa che se vuole riuscire nell'intento, non potrà offrire loro qualche spicciolo ma dollari profumati e tanti, non importa quanto breve sia l'impegno di questi.

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